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Picciotto: «Il Trapani? Solo con la Banca d’Italia»

Dopo il fallimento della società granata, l’imprenditore conferma il suo interessamento della rinascita del calcio trapanese, ma solo a determinate condizioni

Il recente fallimento del Trapani Calcio srl ha dato il via alla possibile rinascita del calcio a Trapani. Un’idea che già nei mesi scorsi aveva provato ad attuare, senza giungere a compimento, Renato Picciotto. L’imprenditore che per anni ha lavorato nel settore bancario in Svizzera aveva provato ad acquistare prima il Trapani e poi il Dattilo: trattative fermate per questioni di ordine economico.

Il Trapani come vetrina degli investimenti sul territorio. Picciotto non l’ha mai nascosto e continua a ribadirlo nell’intervista rilasciata questa mattina a trapanigranata.it. 

BANCA D’ITALIA
«Sono interessato ad investire sul territorio di Trapani. Il calcio rappresenta una seconda scelta sia chiaro. Sto vedendo di fare l’operazione già nota per il palazzo della Banca d’Italia, dove sto cercando di andare avanti. L’investimento sul palazzo della Banca d’Italia è il mio progetto base. Francamente il mestiere non è il calcio: mi piace, ma non sono un tifoso pazzo che sogna dalla mattina alla sera e che butta i soldi solamente per farsi vedere in tribuna».

IL CALCIO
«Mi piacerebbe dare una mano per la rinascita del calcio a Trapani. Ho capito che è una realtà che manca molto alla città, presa per i fondelli da tutti quelli che sono stati accettati come gente che salvava il mondo ed invece purtroppo hanno fatto fallire questa società. Ho dato al sindaco la mia disponibilità ad interessarmi con un titolo sportivo nuovo. Non farlo, ma interessarmi per fare uno studio. Non ho nessuno a Trapani che mi rappresenti veramente e a 77 anni non posso fare miracoli: non è questione di soldi, ma di organizzazione». 

IL PROGETTO
«Sto facendo i miei calcoli per vedere se l’operazione della rinascita del calcio a Trapani può andare in porto. Onestamente allo stato attuale non sono ancora deciso e per altro se non faccio il palazzo della Banca d’Italia non faccio il calcio. Il pallone per me non è abbastanza centrale negli investimenti. Se va a buon fine la trattativa che mi porterebbe ad essere proprietario di quell’edificio, posso pensare al calcio a Trapani. Il calcio non va gestito in modo fantasioso. La società di calcio rappresenta un’azienda come le altre e in  modo razionale va gestita. È impossibile farlo con ragionamenti sbagliati».

IL SUO IMPEGNO NEL LECCE
«Sono azionista di riferimento finanziario del Lecce, ma non mi occupo della gestione. Non mi tirerò indietro a Lecce. Sono entrato in un certo modo, ho dovuto incrementare la mia quota. Un investimento pesante che è andato oltre a quello che volevo, però sono contento e rispetto la città, il club ed i soci. Per ora rimango e do il mio contributo in modo silenzioso».

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