Il presidente della Federcalcio è pronto a riformare il calcio italiano, forte anche dallo scudo concesso alla federazione dal “Decreto Rilancio”, e l’ipotesi su sui si starebbe ragionando sarebbe quella della riduzione dei club
Un nodo dopo l’altro da sciogliere. Così il calcio italiano prova a fronteggiare la situazione più difficile dal secondo dopoguerra ad oggi, e potrebbe riuscire anche a piazzare una riforma del sistema dei campionati professionistici in Italia. Proprio perché la crisi del sistema, scatenata dalla pandemia da Covid-19, sta spingendo la Federcalcio a ragionare sul cambiamento del format dei tornei in Italia. Il presidente della Figc, Gabriele Gravina, come pronto a riformare il calcio italiano portando il numero dei club, tra A, B e C, a 60 in tutto. «Il presidente della Figc, che è uomo concreto e può muoversi in questi mesi con lo scudo protettivo del Decreto Rilancio – scrive Il Giornale –, ha in testa per luglio una riforma ‘morbida’ che tenga conto degli effetti devastanti del virus sull’economia del Belpaese e in particolare sulle aziende degli azionisti che reggono le sorti del calcio professionistico. Le attuali 100 società così distribuite (20 in A, 20 in B e 60 in Lega Pro, serie C, suddivise in 3 gironi secondo aree geografiche) non sono più sostenibili».
«L’idea quindi, partendo dal basso, è quella di ripristinare l’area semi-professionisti, come una volta, dove far transitare 20 o 40 delle squadre di Lega-pro. Per ottenere tale risultato – prosegue Il Giornale – è indispensabile passare da una legge che rimetta in vigore lo status di semi-professionista. Alle loro spalle resterebbero i dilettanti dove negli attuali 9 gironi si stanno già registrando, per effetto del virus, numerose cancellazioni. Lo scenario più attendibile è quindi il seguente: 60 società professionistiche divise in parti uguali tra serie A (20), serie B (20) e serie C (girone unico da 20) più eventuali due gironi d’elitè, una sorta di ex C2 riveduta e corretta».