Il numero uno del Coni torna a parlare della ripresa del campionato, ma sul fatto che sarà portato a termine esprime qualche dubbio
Il presidente del Comitato olimpico nazionale, Giovanni Malagò, da un lato si mostra ottimista sulla ripresa del massimo campionato calcistico italiano, ma dall’altro va cauto sulla possibilità che la stagione sportiva 2019/20 termini regolarmente, anche perché le variabili che si potrebbero profilare all’orizzonte sono diverse. «Al 99 per cento la serie A ripartirà il 13 giugno. Mi sembra – afferma Malagò ai microfoni di Radio 2 – che si stia facendo di tutto per ricominciare e per mettere in condizione il sistema di ripartire. Poi sulla possibilità che finisca bisogna avere la palla di vetro e questa è la mia opinione. È un vero rischio, ma per la serie A l’obiettivo primario e unico è quello di ricominciare. Questa è una mentalità che io non ho, forse è un fatto culturale. Però io penso che nella vita, anche se uno è convinto e determinato, deve sempre avere un’alternativa, altrimenti si rischia di compromettere una situazione già molto complessa».
E sulla questione, molto spinosa, relativa al fatto che un atleta debba essere considerato un semplice infortunato oppure che la sua contagiosità debba mandare, in via precauzionale, l’intera squadra di appartenenza o gli avversari in quarantena, Malagò si è espresso così: «Noi abbiamo recepito una direttiva che individua un percorso di coinvolgimento generale e non un isolamento individuale. Ma questo è un tema che riguarda la Commissione tecnico-scientifica e io non ho mai interloquito con loro, perché giustamente devono farlo solo il ministero dello Sport e quello della Salute. Non so il motivo di questa decisione, mi dicono che è una decisione che potrebbe essere rivista ma non voglio aggiungere ulteriori considerazioni. Quello che è sicuro è che sono persone serie e probabilmente tra un protocollo più restrittivo e uno meno hanno voluto dare una indicazione nell’interesse del sistema paese oltre che di alcune categorie. Questa lotta tra alcuni medici e la Cts non mi appassiona».