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Coronavirus, Aic: ‘No alle partite alle 16,30’

Umberto Calcagno, vicepresidente del sindacato calciatori, si mostra contrario ai nuovi orari scelti dalla Lega per la ripresa della Serie A

Sono ancora tanti i nodi da sciogliere per far ripartire il calcio italiano, e alcuni di questi tengono più di altri in fibrillazione le varie componenti calcistiche del Paese. Il 28 maggio sarà la data decisiva per capire se e come il campionato ripartirà. Il vertice al ministero dello Sport, con il titolare Vincenzo Spadafora, che riceverà il presidente della Figc Gabriele Gravina, e il presidente della Lega di A Paolo Dal Pino, e le altre componenti del mondo del calcio, dovrà dare un’indicazione netta sulla ripartenza o meno dei tornei. La data fissata, per la ripartenza del campionato di A, è quella del 13 giugno, tuttavia ci sono alcune situazioni regionali, come quella della Lombardia, ancora molto critiche, e allora in tal caso si ragiona sul 20 giugno come possibile data per la ripresa del torneo.

Accanto a ciò si aggiunge un altro punto di criticità fatto notare dall’Assocalciatori, e che riguarda gli orari scelti dalla Lega di A per la ripresa delle partite. A tal riguardo, Umberto Calcagno, vicepresidente del sindacato calciatori, intervistato da La Repubblica, afferma: «Le 16,30 in piena estate, in giugno- luglio? Non se ne parla nemmeno di giocare a quell’ora». E all’obiezione che nel Mondiale di Usa 94 si giocava in Florida, ad Orlando, alle 12, aggiunge: «Lo so ma erano poche partite. Qui sono di più, e conta poco che magari siano messe nel weekend, sempre le 16 e 30 sono. I presidenti pensano solo alle tv, non alla salute dei giocatori. Le 16,30 non vanno bene. Le 18,45 e le 21 sì». L’affermazione di Calcagno nasce dal fatto che la Lega di A ha scelto tre slots, ossia tre orari che farebbero comodo alle tv che devono trasmettere le partite: 16,30; 18,30 e le 21,00.

Un altro nodo da sciogliere è quello relativo alle licenze Uefa tra l’Assocalciatori e la Figc sulle regole per le iscrizioni ai prossimi campionati. «I chiarimenti della Figc? Non mi sembra abbia chiarito molto. Anzi, proprio oggi su Repubblica è spiegato che l’Uefa vieterà le Coppe europee a chi non paga i calciatori. Chiaro, no? Qualche club è rimasto fermo addirittura a gennaio, ben prima della pandemia. Temo che a fine agosto ci possano essere non pochi contenziosi con i club. E temo che il prossimo anno che qualche club non ce la faccia».

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